Toronto, Sept 21st 2008 @ 3.27am
Questa pagina e’ un work-in-progress, per chi non e’ pratico di queste cose significa che cambiera’ spesso.
Sono ormai passati tre mesi dal mio arrivo sul territorio canadese, posso iniziare a dire di aver capito alcune cose, solo alcune naturalmente. Poche.
La citta’.
I miei movimenti sono diventati piuttosto agili, come sapete uno dei miei punti deboli e’ il trasporto pubblico, con tutti i se ed i ma del caso Toronto ha un trasporto pubblico capillare che, spesso, funziona 24 ore su 24. Orientarsi, addirittura per il sottoscritto, dopo un po’ non e’ difficile.
Gli Italiani locali.
Con tutto il rispetto per il duro lavoro ed i sacrifici che hanno dovuto sopportare. La comunita’ italiana qua e’ una di quelle cose (imho) da evitare come la peste. Comprendo benissimo i vari flussi migratori di persone che non avevano mai sentito parlare inglese tranne, forse, dai militari americani durante la grande guerra che, naturalmente, andavano a cercare i connazionali (o i compaesani) per una sorta di solidarieta’, aiuto ad inserirsi nel contesto di un nuovo Paese, il tempo pero’ si e’ fermato li’.
Il piu’ bel complimento che ho ricevuto finora e’ stato quello di Meagan “tu sei meno italiano degli italiani” (di qua, n.d.r.), la discussione verteva sul nostro stile di vita, la religione, il Papa, la famiglia, la casa, il lavoro e tutti quegli stereotipi che i nostri connazionali sono stati capaci di mantenere uguali per 40-50 anni. Ne ho gia’ accennato in alcuni post ma ribadisco qua.
Spesso quando sanno che siamo italiani (io e le mie compagne di viaggio) le persone ci indicano altri italiani, loro amici o contatti di qualunque forma, vogliono farci conoscere altri nostri connazionali che vivono qua, da 1 o 40 anni, non fa differenza. Quello che non concepiscono e’ il fatto che questa cosa non ci interessa in alcun modo. Sia per la lingua che culturalmente. Per la lingua nel senso che se devo parlare italiano restavo a casa mia, culturalmente e’ come battere una testata al muro, non ci troviamo.
La maggioranza dei connazionali che ho conosciuto (o che conoscevo…) sono persone che vorrei incontrare, se obbligato, una sola volta nella mia vita.
Arrivato in Canada, dopo aver seguito il rito mistico del saluto al parentado, la prima cosa in assoluto che ho fatto e’ stata quella di cercare di inserirmi in qualche giro canadese, non italiano, non portoghese, non koreano, non europeo, canadese. Addirittura anche prima di partire molti si sono fatti avanti con frasi del tipo “sai, a Toronto c’e’ una grossa comunita’ italiana“, la mia risposa e’ sempre stata la stessa “mi fa piacere“. Punto e a capo. Anzi due punti, massi’, abbondiamo, facciamo tre. (citazione forzata ma divertente).
Non credo proprio di essere io quello “avanti” e non pensavo fosse cosi’ difficile da comprendere, sara’ che (buona parte del)le nuove generazioni di immigrati o visitatori, il 20-30enni del 2008, sono diverse, vivono nel presente, sanno, hanno, chi piu’ chi meno, padronanza della lingua, padronanza della cultura intesa come villaggio globale, sanno cosa avviene in Italia e giro per il mondo, mi piace definirla consapevolezza. Una consapevolezza ignorata se non addirittura rifiutata da molti che vivono in questo Paese da decenni.
E’ sufficiente accendere la TV sul canale italiano (omniTV piuttosto che TLN) e guardarsi 2 minuti di pubblicita’, si passa dal produttore di pasta italiana ™ che nel 1918 aveva 8 anni e correva felice e spensierato nei campi di grano e oggi e’ un produttore di prodotti tipici (Commercial Four), o l’agenzia di servizi che ti aiuta a prendere il giusto rimborso in caso di incidente, passando per le super offerte di Wal-Mart su Dufferin St che, il giorno x fa un’offerta super-mega-specialissima sui prodotti italiani; per non parlare del talk show della tv Chin con due tizi seduti ad un tavolino da baraccio con una bottiglia di acqua ad impedire la visione delle due persone inquadrate, che le nostre Telestreet erano avanti anni luce, tutto naturalmente condito da una narrazione di voci e volti in dialetto, del sud ovviamente (impastato con parole o frasi inglesi a caso), scordatevi dunque l’italiano di Dante o anche solo quello di Emilio Fede. A parlare sono gli stessi immigrati o addirittura la prima generazione di nati sul territorio canadese, convinti purtroppo che quello che stanno dicendo sia Italiano corretto.
Lavoro.
Qui esiste il mercato del lavoro. Il Canada ha ovviamente molte influenze dai vicini Stati Uniti, culturalmente ed economicamente. Nonostante molti dicano di non sopportarli la cultura imperante e’ quella, le statistiche dicono che piu’ del 60% dei programmi tv visti dai cittadini di questo Paese sono prodotti oltrefrontiera, e si vede.
Il lavoro dicevo. Il mercato qui e’ ovviamente ampiamente liberista come quello degli USA, l’informalita’ (ma anche il pressappochismo) di molte cose regna sovrano. Le assunzioni sono agili cosi’ come i licenziamenti. Nella mia piccola, e parziale, visione noto che i sindacati non sono molto popolari, ci provano, ma non sono riusciti ad evitare i 5.000 e piu’ licenziamenti in luglio nel nord dell’Ontario.
Qualcuno si potrebbe rivoltarsi nella tomba, qualcun’altro chiedersi che cosa mi sono preso o altri potrebbero leggere con interesse cio’ che sto per dire. La tanto propagandata flessibilita’ che ci stanno vendendo nel glorioso paese di pizza, mandolino e governanti mafiosi, qui, spesso, funziona. Flessibilita’ intesa non soltanto come il mettere a 90° il lavoratore per poi conficcargli un pilone della luce, ruvido, dritto per il culo, flessibilita’ puo’ anche consistere nell’essere assunti, avere la liberta’ di licenziarsi e ovviamente essere licenziati, ma vedersi di fronte la prospettiva assunzione altrove.
Non so se sono stato solo fortunato, fatto sta che io sono arrivato a meta’ giugno, qualche giorno di permanenza dal parentado e arrivo a Toronto il 21, mi prendo del tempo per perdermi e ritrovarmi per le vie della citta’, leggo qualche annuncio trovato online, mi rispondono, passano quattro giorni e faccio il mio primo colloquio di lavoro in Canada, il responso e’ “inizi domani?” rimango un po’ spiazzato dall’informalita’ e dai tempi, fatto sta che 4 giorni dopo l’invio del primo CV (anzi, resume’) sono gia’ al lavoro. Data di arrivo 16 giugno, primo giorno di lavoro 4 luglio.
Probabilmente la mia professionalita’ mi ha aiutato, la stessa cosa poteva pero’ succedere nel caso lavorassi in un altro campo.
In Italia sarebbe andata cosi’? Straniero da oltre oceano con permesso di soggiorno e di lavoro, arrivato da meno di 15 giorni, parla un inglese creativo, assunto al volo.
Riflettete.
sono appena sbarcata a Toronto, ci rimarrò per circa 2 mesi e mezzo, fino a subito prima di Natale. Passerò da qui a leggere qualche dritta da seguire per conoscere meglio questa città :-)
Un altro italiano in Canada! Che bella sorpresa. Io sono emigrato in agosto a Vancouver. Di italiani ce ne sono veramente pochi qui… in compenso ci sono moltissimi asiatici. Lavoro? Ho provato da Wal-Mart e nessuno si è fatto più vivo. :( Riproverò da London Drugs… sperem…